Caratteristiche della documentazione archivistica
Spesso il pubblico si chiede cosa siano gli archivi, a cosa servano, dove si trovino, come possano essere avvicinati. Individuare chi ha prodotto o raccolto una determinata documentazione, sapere se e dove ancora oggi sia conservata, riuscire a trovare le chiavi di accesso che permettano di consultarla, implicano una serie di operazioni non solo di tipo pratico. Il percorso della ricerca archivistica non è mai semplice, anzi, spesso è faticoso, tuttavia è anche affascinante, pieno di sorprese e di attrattive. Ogni percorso archivistico inoltre è diverso, richiede preparazione, conoscenze e attrezzature storico-culturali altrettanto differenziate per riuscire a compierlo fino alla fine.
La documentazione archivistica infatti, quando nasce è di natura pratica (politica, giuridica, amministrativa, economica, fiscale, giudiziaria, ecc.) ed è connessa ad attività svolte dai vari soggetti che l’hanno posta in essere allo scopo di soddisfare proprie specifiche esigenze. Ed è per soddisfare soprattutto queste esigenze che la documentazione viene in qualche modo organizzata dagli stessi soggetti che la producono e la conservano nei rispettivi archivi. Questa caratteristica è peculiare sia della documentazione contemporanea, che della documentazione del passato.
Alcune informazioni
Quando ci accingiamo a compiere una ricerca d’archivio, dobbiamo disporre di alcune informazioni. Ad esempio, i documenti relativi al periodo dell’Alto Medioevo (secc. VI-XI) sono molto scarsi: si tratta di atti sciolti (diplomi, placiti, donazioni, compravendite, ecc.), quasi tutti in pergamena e scritti soprattutto in latino o in greco. La loro scarsità dipende soprattutto dal poco uso che veniva fatto a quel tempo della funzione giuridica della scrittura, inoltre riservata per lo più ai chierici. La produzione documentaria aumenta notevolmente nel periodo del basso Medioevo (secc. XII-XV), quando le monarchie dell’Italia meridionale, i comuni e le signorie dell’Italia centro-settentrionale si danno strutture politiche e assetti organizzativi ben definiti.
La scrittura acquista allora grande importanza e con essa assumono rilievo i notai, riconosciuti come persone dotate di publica fides, in grado cioè di garantire l’autenticità degli atti da loro rogati. Alle prestazioni dei notai ricorrono non soltanto i privati, ma anche le istituzioni pubbliche. I documenti continuano ad essere scritti in latino, ma ce ne sono anche di scritti in volgare, sono in carta oltre che in pergamena.
A partire dalla seconda metà del Duecento vengono raccolti in volumi e trascritti in quaderni e registri. Nel XV secolo si costituiscono veri e propri archivi ai quali viene riconosciuta rilevanza politica, in quanto comprendenti documenti relativi a titoli, prove di diritti e di domini. Diventa quindi fondamentale l’esigenza di una loro adeguata salvaguardia. Con il progressivo aumento dei documenti, infatti, gli “scrigni” e gli “armadi” utilizzati per la loro conservazione non sono più sufficienti, in alcuni casi, quindi, si destinano veri e propri locali, in altri, si costruiscono edifici appositi. Contemporaneamente, l’utilità, soprattutto pratica, che continua ad essere riconosciuta al materiale documentario, porta alla distruzione di quello ritenuto “inutile” allo svolgimento della concreta attività.
Nel XIX e nel XX secolo si assiste ad una vera e propria proliferazione della produzione documentaria. Già nell’Ottocento, ma soprattutto nel Novecento, infatti, istituzioni statali, enti pubblici territoriali e non territoriali, privati, come banche, imprese, partiti, sindacati, associazioni, conoscono una rilevante dilatazione organizzativa che porta ad una dilatazione della relativa documentazione. L’interesse per la conservazione da parte dei soggetti produttori, nell’Ottocento e ancora di più nel Novecento, è di brevissima durata. La maggior parte delle carte di tipo amministrativo è destinata nell’arco di pochi anni a non essere più utilizzata e comunque a subire di frequente caotici trasferimenti in locali di fortuna e quindi destinata al deterioramento. Negli ambienti archivistici, storici e culturali comincia allora a farsi strada l’idea che debbano esistere istituti deputati alla conservazione, a fini di studio, della documentazione prodotta nel passato e nel recente presente. Questa idea nel secondo dopoguerra porta alla creazione di un Archivio di Stato in ogni capoluogo di provincia, di Sezioni di Archivi di Stato in particolari città e, ai fini della vigilanza della documentazione non statale, di Soprintendenze archivistiche in ogni capoluogo di regione.
Le domande da porsi
Per utilizzare i documenti d’archivio è necessario sapere quindi da chi, quando e per quali scopi siano stati prodotti e come gli archivi ai quali appartengono si siano venuti nel corso dei secoli formando e trasformando. Queste informazioni valgono non soltanto per gli specialisti del settore, ma anche per tutti quelli che vogliano compiere le loro ricerche servendosi della documentazione archivistica.
E’ utile quindi sapere quali sono i complessi documentari che possono interessare la nostra ricerca e in quali luoghi e sedi sono conservati.
Al di là dell’argomento prescelto, è inoltre opportuno affrontare le ricerche d’archivio sulla base di una adeguata conoscenza della letteratura storiografica generale e particolare che riguarda l’argomento oggetto di studio (si potrebbe infatti scoprire che altri hanno già affrontato l’argomento che vogliamo esaminare).
Le ricerche d’archivio comportano inoltre molta pazienza e non si può pensare di esaurirle in tempi brevi. Infatti, ricordiamo che i documenti sono prodotti per fini pratici, non per essere utilizzati come fonte storica. Dobbiamo quindi cercare di scoprire quale soggetto, quale istituzione, nell’arco di tempo e nell’area geografica che ci interessano, possano avere svolto funzioni e competenze che hanno portato a documentazione scritta. Dobbiamo cioè cercare di trovare l’Istituzione alla quale presumibilmente appartiene la documentazione che cerchiamo, ma anche quelle che eventualmente l’abbiano ereditata o alle quali sia stata aggregata.
Qualche suggerimento
Per fare ricerca su documentazione medievale è necessario conoscere il latino, in particolare il latino medievale, e ricordare che questi documenti sono scritti secondo forme e in grafie decifrabili solo da esperti. Occorre quindi avere dimestichezza con la paleografia (disciplina che studia e interpreta le scritture antiche) e con la diplomatica (disciplina che studia gli aspetti formali dei documenti redatti a scopi giuridici).
Nel datare i documenti bisogna inoltre conoscere i vari sistemi di datazione adottati prima della riforma del calendario ancora oggi in uso, voluta da Gregorio XVI nel 1582.
Minori strumenti sembrano essere necessari se la ricerca viene fatta su documenti d’età moderna e contemporanea. E’ vero che essi non sono caratterizzati da grafie e formule canonizzate, ma la loro lettura non è priva di difficoltà. Ci vuole ad esempio tempo per decifrare le scritture di atti processuali cinque-settecenteschi o di carteggi otto-novecenteschi, e sono necessarie cognizioni tecniche per distinguere le varie tipologie alle quali gli atti appartengono.
Per superare tutti questi ostacoli possiamo comunque sempre contare sull’assistenza e sull’appoggio degli archivisti i quali, conosciuto l’argomento della ricerca, sapranno indirizzarci, suggerendo gli strumenti di corredo (guide, inventari, repertori, indici) da consultare ed indicando i fondi sui quali compierla.
(Cfr.: I. ZANNI ROSIELLO, Andare in archivio, Bologna, Il Mulino,1996)
Per un primo approccio al patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Macerata si consiglia di leggere:
- MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, voce Macerata, a cura di P. CARTECHINI, vol. II, Roma, 1983, pp. 689-757;
- P. CARTECHINI, Fonti archivistiche per la storia della provincia di Macerata, in “Studi Maceratesi”, 1, Macerata 1965, pp. 5-72