La mostra affronta il tema della sostenibilità del patrimonio culturale. In passato, infatti, l’alta domanda di pergamena, materiale molto resistente e riadattabile e per questo anche molto costoso, favoriva al massimo la pratica del riuso. Fino a qualche decennio fa i frammenti di riuso erano visti come fonti marginali ed occasionali, tanto da non essere neppure menzionati nei cataloghi e negli inventari meno recenti, mentre oggi questo appare come un ambito di ricerca sempre più interessante. Archivi e biblioteche sono spesso ricchi di lacerti membranacei provenienti da codici e documenti antichi, riutilizzati come coperte, rinforzi per le legature dei registri e dei faldoni, dorsi, carte di guardia. Il risultato è spesso un prodotto (sia esso un protocollo, un bastardello o una vacchetta) “rilegato” da atti, codici o frammenti molto più antichi di esso. In molti casi l’usura del tempo ha causato il distacco di queste coperte o di parte di esse. Tali frammenti rappresentano il risultato dello smembramento di codici che trasmettono testi letterari e di documenti che trasmettono atti di natura privata, semi-pubblica o statuale, redatti nella maggior parte dei casi in latino, importanti anche per la storia della notazione musicale e della miniatura.